Attualità

Troppe parolacce, l’italiano medio parla male

Giacomo Mazzarella - 17 dicembre 2019

Gli italiani in media dicono 2,1 parolacce allora, circa 33 parolacce al dì, ma solo perché non di può certo restare svegli tutte e 24 le ore di cui è composta una giornata. È ciò che emerge da una curiosa ricerca universitaria. Il primo studio di questo tipo età del 1992, quando Tullio De Mauro, un linguista, capeggiò un gruppo dei ricercatori che si presero la briga di trascrivere 57 ore di conversazioni, in varie città italiane ed in vari luoghi di ciascuna di queste città.

Adesso quattro ricercatori delle Università di Bologna e Torino, Caterina Mauri, Eugenio Goria, Massimo Cerruti e Silvia Ballarè, hanno ripetuto lo studio che ha prodotto risultati differenti, perché naturalmente i tempi sono cambiati e sta cambiando l’italiano parlato. Stavolta il titolare dello studio, che si è avvalso della collaborazione dei quattro ricercatori è il linguista Vito Tartamella. Le ore di trascrizione sono diventate 70 ed è fuoriuscito che la popolazione italiana dice più parolacce di prima.

I numeri dello studio

Nel 1992, quando fu creata la prima Banca dati dell’italiano parlato, l’italiano medio diceva meno di 13 parolacce al giorno. Adesso, come dicevamo in premessa, siamo saliti a quasi 34 termini volgari al giorno. Gli italiani sono al primo posto di questa particolare classifica. Il termine più utilizzato è «c..zo», cioè volgarmente, l’organo maschile.

Dietro questa parole, ci sono «minchia» e «merda», parole ormai di uso comune e diffuso, specialmente sui social, nelle chat e nei blog. Internet infatti ha nettamente influenzato l’escalation in quanti a parolacce medie pro capite. Sempre secondo lo studio, in rete l’uso delle parolacce, dei termini volgari e dei turpiloqui, è maggiore da 5 a 14 volte rispetto al linguaggio di persona. Vito Tartamella, il linguista a cui si deve questo studio statistico sul modo di parlare dell’italiano, ha pubblicato i numeri sul sito «parolacce.org».

Altre parole piuttosto «gettonate» non mancano, soprattutto alla luce del fatto che le parole volgari diviso comune sono passate dalle 45 del 1992, alle 75 di oggi. «C..zo» per esempio è diventata la 215esima parola più utilizzata in Italia, e coincidenza vuole che sia a parimerito con la parola italiano. Curioso l’elenco delle parole di questa poco virtuosa classifica. «Figata», «tette», «scorregge», «cacca», cog....i. Parole che adesso hanno letteralmente sorpassato termini che nel 1992 erano diffusissimi e che oggi lo sono meno.

«Pompino», «culattone», «rompiballe», «mortacci», sono termini che adesso vengono utilizzati di meno. Parolacce, volgarità ma anche insulti, perché dallo studio dei ricercatori emerge che l’insulto che va per la maggiore, sia in rete che dal vivo resta la parola «stronzo». Una fotografia poco nobile per il bel paese, e per chi non ama il genere di linguaggio spinto purtroppo troppo inflazionato da noi.

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